L’estetica della ricerca


L'arte non è un compito
Studiare pedagogia ha significato per me incontrare il pensiero eco-sistemico di Gregory Bateson (1904-1980). Per lui l'arte è una forma particolare di conoscenza tanto che l'estetica nella sua accezione significa conoscenza delle relazioni "come dire scienza delle compromissioni, delle implicazioni, dei legami, non già delle separazioni" (Scardicchio, 2012, p.3). 
Collaborare con artiste ed educatrici museali è per me di primaria importanza perché l'arte evocando il doppio ovvero "la capacità umana di vivere in due mondi, distinti ma interconnessi. Mente e Natura. Pleroma e Creatura." (Formenti, 2017, p. 128) favorisce lo sviluppo di pensiero critico e di un posizionamento riflessivo nei processi di formazione. E, andando al sodo, pensiero critico e posizionamento riflessivo sono gli esiti più rilevanti - nel mio modo di rileggere le scienze pedagogiche  - di un processo di apprendimento. Allo stesso tempo "fare arte" come "imparare" non possono essere pensati come compiti o prescrizioni nel senso tradizionale del termine.


L'esperienza estetica
Nei mesi scorsi sono stata coinvolta come consulente pedagogica nel progetto educativo "La fragilità che è in ognuno di noi" promosso dal Museo della Fotografia Contemporanea (MUFOCO) che aveva come obiettivo quello di incentivare la partecipazione  di pubblici fragili e a rischio di emarginazione sociale, promuovendo nuove strategie e strumenti per la mediazione del patrimonio museale. 
La principale strategia ideata dal Servizio Educativo è stata quella di coinvolgere bambini, giovani e anziani nella realizzazione di artefatti artistici insieme a delle artiste esperte in diversi linguaggi visuali. Il principale strumento è stato il coinvolgimento attivo delle istituzioni che vedono transitare o abitare quotidianamente bambin*, giovan* e anziani ovvero la scuola (di diversi ordini e gradi) e una residenza sociale sanitaria. 
Il titolo del progetto non è banale ed è il frutto di un confronto al quale ho partecipato. S'ispira allo studio dello psichiatra Eugenio Borgna (La fragilità che è in noi, 2019) per invitare alla riflessione sul tema della fragilità, che siamo abituati a intendere come debolezza e problema, mentre in essa si annidano valori di sensibilità e delicatezza e gentilezza. Oltre a una grande forza intuitiva capace di coniugare "le ragioni del cuore con quelle della mente" (Bateson & Bateson, 1989) sovente assolutamente sottostimata. 


Floating Portraits
Floating Portraits dell'artista Irene Pittatore è uno dei progetti artistici ai quali un gruppo di giovani è stato invitato a partecipare e che mi ha ingaggiato personalmente non solo come connettore di esperienze e di riflessioni pedagogiche tra l'artista, il museo e la scuola, ma come partecipante insieme agli student* di un ciclo di ritratti ambientati in acqua in un'esperienza condivisa di galleggiamento e immersione in una piscina non lontano dalla loro scuola.
Se gli studi sulla complessità e quelli della "mente allargata" sono arrivati da anni a raccontarci come la nostra mente non è qualcosa che sta nel nostro cervello, ma è incarnata in tutto il corpo (Varela, Thompson, Rosch, 2024) possiamo ritenere che le occasioni in ambito scolastico e formativo dove sperimentare questa concezione sono ancora assai rare. Dunque non potevo perdermi l'occasione di partecipare. 



Il piacere sensibile
L'acqua nella mia biografia rappresenta una delle pochissime costanti della mia vita. Se sono al mare le mie amiche e i miei amici sanno che entro in acqua, inizio a nuotare e possono iniziare a preoccuparsi sono se non mi vedono tornare a riva dopo tre ore. Se sono in città al mattino presto vado in piscina a nuotare senza uno scopo. Nuotare per me appartiene alla famiglia del gioco, del sogno e dell'arte che - ce lo ricorda Bateson (1967) sono attività inutili per eccellenza dove sperimentiamo il piacere sensibile e il senso della bellezza. Ma il piacere e la bellezza sono stati espulsi dalle teorie e delle pratiche dominanti della formazione (Luraschi, 2021). 
Fluttuare nell'acqua e giocare a palla, a fare le verticali sott'acqua o a sollevare gli student* più alti di me ha significato provare a riportare a scuola il piacere sensibile per integrare il corpo - spesso silenziato, nell'esperienza scolastica. 

La mia fragilità
Il mio modo di fare consulenza pedagogica è poco consueto perché mi pongo in relazione ai contesti che chiedono una consulenza non come una esperta che sa, ma come una ricercatrice che intende mettersi in gioco insieme a chi richiede la consulenza per esplorare delle tematiche d'interesse - spesso presentate come problemi, per imparare. Per farlo, nel progetto dedicato alla fragilità ho dunque dovuto innanzitutto dichiarare la mia vulnerabilità e ammettere che sempre, come educatrice e pedagogista, corro il rischio di far diventare gli oggetti e i linguaggi fluttuanti dell'arte compiti, prescrizioni e interpretazioni a senso unico. L'ho fatto provando ad assumere in tutta la sua portata decostruttiva la domanda: “nella ricerca, così come nella formazione, non sono anche io un pezzo di mondo che sta guardando un altro pezzo di mondo?" (Scardicchio, 2012, p.46) senza voler arrivare alla risposta. Consapevole che nel gioco, come nella ricerca, e nei processi di creazione artistica la prima cosa da lasciar andare è il dover pianificare quale sarà il risultato. 

Ri-vedersi
L'esperienza artistica di Irene Pittatore insieme agli student* che ha visto la mia partecipazione è diventata un video nel quale le testimonianze dei giovani sulla loro quotidianità scolastica, raccolte in una serie d'interviste, sono parte di una sequenza d'immagini fotografiche in ambiente acquatico. 
Irene mi ha suggerito di ri-guardarmi con calma nel video invitandomi a estrarre una serie di screenshot che mi ritraevano. L'artista mi ha rimandato l'immagine di me come di una fluttuante sollevatrice di student* cosa che non avevo mai pensato di essere / diventare. Ho deciso dunque di vincere la mia timidezza per condividere una serie d'immagini nelle quali la mia Alterità si mostra, mi pare, in una forma di potente delicatezza. Così come non mi ero mai vista. 
La serie di ritratti è pubblicata sul mio profilo Instagram e Facebook.

Ringraziamenti
Grazie a Irene Pittatore per il regalo e Diletta Zannelli (di MUFOCO) che mi ha voluto nel progetto. 



-------------------------------------------------------
foto: Irene Pittatore, Floating Portraits, Milano, Gennaio 2024